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Cone Beam. Cos’è?

La Cone Beam è un sistema di Tomografia Computerizzata (da cui l’acronimo CBCT). Il nome deriva dalla forma conica del fascio di radiazioni che l’apparecchiatura emette durante l’esame.

Le immagini della CBCT sono utili particolarmente in campo odontoiatrico. Quando le normali radiografie dentali o facciali non sono sufficienti per un’accurata diagnosi, il vostro dentista ricorre alla CBCT. Le immagini di questo apparecchio sono indispensabili in implantologia, nella chirurgia estrattiva complessa e a volte anche in endodonzia.

La Cone Beam è molto diversa dalla TAC classica, o Fan Beam CT (FBCT).

Il principio della TAC tradizionale FBCT (sopra) e della CBCT (sotto)

Entrambe le macchine emettono raggi X che attraverso la parte del corpo oggetto di esame e colpiscono poi un rilevatore. Nel caso della FBCT la sorgente radiogena e il rilevatore ruotano più volte intorno al corpo, mentre la Cone Beam fa un’unica rivoluzione di 360°. Il fascio conico proietta sul rilevatore un’area molto più grande rispetto alla TAC tradizionale in meno tempo, riducendo la dose di radiazioni assorbita. La minor dose della CBCT dipende anche dal fatto che il fascio radiogeno emesso non è continuo ma intermittente. In definitiva, la dose assorbita dal paziente è almeno 10 volte inferiore.

Un altro grande vantaggio è che i CBCT sono apparecchi di dimensioni contenute rispetto ai FBCT, adatti a un uso ambulatoriale. Inoltre, i moderni Cone Beam sono dotati di programmi per realizzare anche le altre radiografie extraorali odontoiatriche.

Gli svantaggi di questa tecnologia, sempre rispetto alla FBCT, sono una minor capacità di risoluzione tra tessuti con simile densità (muscoli, linfonodi, ghiandole, etc.) e gli artefatti da presenza di metalli e da rumori di fondo (dovuti alla bassa dose radiogena).

Chi ha inventato la Cone Beam?

Nonostante l’ambiente politico che tutti conosciamo e che certo non favorisce la ricerca, gli italiani riescono spesso a distinguersi. Il gruppo di ricerca costituito da Giordano Ronca, Piero Mozzo, Daniele Godi e Attilio Tacconi sviluppò la prima Cone Beam, il NewTom 9000, commercializzato nel 1996 dalla QR di Verona.

Quando è consigliabile usare la Cone Beam?

Nell’ambulatorio odontoiatrico si usa esclusivamente per l’ambito terapeutico specifico e solo quando è indispensabile e indifferibile. Per tutte le altre esigenze e per la redazione di referti è necessario rivolgersi a un centro radiologico. 

Tuttavia, un centro odontoiatrico serio e moderno, certamente non può non avere questo macchinario al suo interno se vuole offrire la massima sicurezza ai pazienti. 

Per esempio, la Cone Beam potrebbe essere indispensabile per valutare il corretto posizionamento di un impianto, e non averla a disposizione durante l’operazione è potenzialmente un problema per il chirurgo. 

Inoltre la Cone Beam spesso evidenzia l’origine di dolori e/o infezioni di probabile a genesi dentale o mascellare e non visibili con altri indagini diagnostiche o  tumori della mascella e infezioni silenti (granulomi, cisti, etc).

Come devo prepararmi?

Un esame Cone Beam non richiede una preparazione speciale.

Prima dell’esame, devi rimuovere tutto ciò che potrebbe interferire con i raggi X, inclusi oggetti metallici, come gioielli, occhiali, forcine per capelli e apparecchi acustici.

Le donne devono sempre informare il proprio dentista o chirurgo orale se esiste la possibilità che siano incinte.

Il tuo dentista ti posizionerà accuratamente con l’aiuto di un laser in modo che l’area d’interesse sia centrata nel raggio. Dovrai rimanere immobile mentre la macchina ti ruota intorno. Questo richiede 20-40 secondi per un volume completo e meno di 10 secondi per una scansione parziale.

La Cone Beam è una procedura assolutamente indolore e nessuna radiazione rimane nel corpo dopo un esame TC.

Che aspetto ha l’apparecchio?

Le moderne CBCT sono relativamente piccole e somigliano agli apparecchi radiografici dentali tradizionali. Alcune sono dotate di poltroncina o di lettino, ma nella maggioranza dei casi sono molto simili all’ortopantomografo e l’esame si esegue in posizione eretta

Chi interpreta i risultati?

Il tuo dentista, il chirurgo orale o il chirurgo maxillo-facciale interpreteranno essi stessi i risultati quando sono loro a eseguire l’esame per le necessità legate al proprio lavoro specialistico. E ovviamente ti informeranno dettagliatamente sui risultati.

Quando è necessario, invece, avere un referto scritto, occorre rivolgersi a un Medico Chirurgo specializzato in Radiodiagnostica. Di solito, questi specialisti operano in centri dedicati alla radiologia.

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covid e denticovid e denti

Che c’entrano i denti con il Covid?

Immaginare gli organi come entità separate fa comodo. Aiuta a semplificare. Questo è molto utile in alcuni ambiti, specie didattici. Ma la realtà è ben diversa. Gli organi del corpo umano sono, anche se in distretti diversi e distanti, interconnessi da molteplici punti di vista (circolatorio, nervoso, linfatico, endocrino, batteriologico, posturale e così via). Quindi, è ovvio che alcune condizioni patologiche (se non tutte) sono collegate. Questo è confermato già da un’ampia letteratura scientifica. Anche per il Covid-19 e i denti vale la stessa regola.

È interessante, anche per la sua qualità narrativa, oltre che per l’autorevole pubblicazione su Nature, l’editoriale di Tiên Nguyễn intitolato Investigating the mouth–COVID connection

L’articolo evidenzia come gli studi hanno iniziato a collegare il COVID-19 grave a reazioni immunitarie chiamate tempeste di citochine – rilasci eccessivi di molecole infiammatorie da parte del sistema immunitario – che si verificano anche nelle persone con malattie gengivali.

La parodontite ed il COVID-19

Un’altro meccanismo patologico che lega coronavirus e denti è l’infiammazione creata dai batteri che attaccano le gengive e l’osso intorno ai denti. La malattia parodontale (vedi il post su le tasche gengivali) si verifica con l’accumulo di batteri e tossine sulle superfici radicolari dei denti. È la risposta infiammatoria mediata dalla citochine che distrugge il tessuto gengivale adiacente. Il meccanismo patologico è identico a quello della malattia da Sars-Cov-2.

La malattia gengivale è collegata anche ad una serie lunghissima di altre condizioni infiammatorie. Citiamo, tra queste, malattie cardiache, broncopneumopatia cronica ostruttiva e artrite.

La scoperta potrebbe avere importanti implicazioni per i consigli di salute pubblica. Fattori di rischio come il diabete e l’ipertensione richiedono farmaci e cambiamenti nello stile di vita. Le malattie gengivali meno gravi, al contrario, possono essere gestite anche solo con filo interdentale e uno spazzolino da denti.

L’analisi delle malattia parodontale come fattore di rischio per la malattia da COVID-19 evidenzia senza ombra di dubbio un forte correlazione. Chi soffre di questa condizione 3,5 volte più probabilità di essere ricoverato in un’unità di terapia intensiva, 4,5 volte più probabilità di essere sottoposto a ventilazione e 8,8 volte più probabilità di morire rispetto alla popolazione generale.

Inoltre, i campioni di sangue di persone con COVID-19 per diversi biomarcatori noti di infiammazione e ha osservato livelli significativamente più elevati di infiammazione in quelli con malattie gengivali.

Ma trovare una correlazione è solo il primo passo per capire come la salute orale influisca sul COVID-19
Ad esempio, dice, gli scienziati hanno studiato per decenni l’associazione tra parodontite e malattie cardiache e non conoscono ancora il preciso meccanismo di collegamento tra le due condizioni croniche.

Il virus in bocca

Il Covid-19 attacca anche in modo diretto i denti ed i tessuti orali.

Essendo la più grande apertura al corpo, la cavità orale è ben attrezzata con varie difese immunitarie per gestire i patogeni. Tuttavia, i ricercatori hanno visto nei set di dati di sequenziamento dell’RNA che le cellule nella bocca esprimono le proteine ​​ACE2 e TMPRSS2, entrambe necessarie a SARS-CoV-2 per entrare e infettare le cellule ospiti.

Nelle persone con infezioni acute da COVID-19, nonché nelle autopsie di persone morte con la malattia. I ricercatori hanno confermato la presenza delle due proteine ​​di ingresso, nonché delle cellule infette da SARS-CoV-2 nelle ghiandole salivari e nella membrana mucosa che riveste la bocca, in oltre la metà dei pazienti. Sorprendentemente, esistono alti livelli di replicazione virale in alcune cellule delle ghiandole salivari.

Trasmissione dalla bocca

Le prove che dimostrano che la bocca ospita SARS-CoV-2 sono solide e data la presenza del virus in bocca, è possibile che le strategie per abbassare la carica virale in bocca possano ridurre la trasmissione virale.

Il collutorio, in uno studio randomizzato e controllato su circa 200 persone, i ricercatori hanno valutato l’efficacia di quattro diverse soluzioni di collutorio. Hanno scoperto che dopo 15 minuti, tutti e quattro i collutori hanno ridotto la carica virale nei campioni di saliva dei partecipanti fino all’89% e poi fino al 97% dopo 45 minuti.

Gli autori suggeriscono che il collutorio potrebbe aiutare a sopprimere il contagio e ridurre il rischio di trasmissione di SARS-CoV-2 durante gli esami dentistici. Anche se è una pratica relativamente semplice, dice Kumar, solo il 12% circa dei dentisti americani somministra colluttori pre-procedurali.

Anche il semplice collutorio, quindi, è un’arma che indebolisce il legam tra Covid-19 e i denti.

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All On Four…ma che vuol dire?

Letteralmente “all on four” si traduce come tutto su quattro, dove tutto sta per tutti i denti di un’arcata e quattro sta per il numero di impianti endossei di sostegno.

Si tratta di una metodica sviluppata da dal dentista portoghese Paulo Maló e introdotta sul mercato dall’azienda produttrice di impianti Nobel Biocare. Le caratteristiche salienti di questa tecnica sono:

  • Il ridotto numero di impianti (rispetto alle metodiche tradizionali che prevedono almeno 6 impianti per arcata).
  • La possibilità di evitare gli innesti ossei utilizzando degli attacchi che permettono di inclinare gli impianti (in particolare i posteriori) per utilizzare al massimo l’osso residuo.
  • Il fatto che grazie alla lunghezza e posizione degli impianti nella maggioranza dei casi è possibile consegnare una protesi fissa a carico immediato contestualmente all’inserimento degli impianti stessi.
  • Il costo contenuto rispetto alle soluzioni tradizionali.

Quindi questa è la soluzione perfetta per chi ha perso i propri denti?

La risposta è complessa. Sicuramente per alcuni la tecnica All On Four è un’ottima soluzione. Tuttavia, ogni paziente ha la sua storia clinica, le sue caratteristiche anatomiche e così via. Non siamo tutti uguali. Le nostre aspettative non sono tutte sovrapponibili.

Ho visto su internet che fanno gli All On Four a 3xxx euro tutto compreso e fanno tutto in un giorno…

Esistono offerte commerciali molto contenute su queste procedure. Quello che bisogna sempre verificare è il tipo di protesi che viene consegnata.

Solitamente, si tratta di un provvisorio in resina con una barra metallica di rinforzo.

La sistematica all on four originale prevede che questa protesi immediata sia sostituita dopo il periodo di osseointegrazione degli impianti (6 mesi) con una nuova protesi più resistente e duratura, generalmente anch’essa in resina.

Spesso, però, questa parte della procedura viene disattesa ed il provvisorio diventa definitivo.

E allora? Che cambia se tengo il provvisorio?

Quello che è necessario considerare a questo punto è che i medici dentisti che usano questa metodica recente si stanno rendendo conto con l’esperienza che in alcuni casi (non sempre) le protesi definitive all on four – dette anche toronto bridge – sono particolarmente fragili. I distacchi dei denti, per esempio, sono piuttosto frequenti e rappresentano un problema se si tratta della parte anteriore del ponte.

Ovviamente, i provvisori sono per loro natura più deboli e più inclini ai problemi meccanici.

Un’altro problema del provvisorio è legato alla sua detergibilità. La protesi definitiva è più sottile e conformata in modo più preciso per evitare l’accumulo di cibo e l’alitosi.

Mi hanno proposto di togliere tutti i denti e fare un All On Four. Che faccio?

È difficile rispondere a questa domanda che ai non addetti ai lavori può sembrare banale.

Sostanzialmente, se i denti sono pochi e con una cattiva prognosi a breve e medio termine, l’opzione dell’estrazione totale deve essere considerata, sempre nell’ambito di un piano di trattamento che prenda in considerazione tutte le caratteristiche biologiche ed anatomiche di quel paziente. Questa opzione, tuttavia, deve essere presa in considerazione esclusivamente dopo aver valutato tutte le possibilità di curare anche i denti con una prognosi sfavorevole.

Se è possibile curare i denti, anche solo per settori, questo è sempre preferibile.

Quando questo non è realizzabile ed è necessario estrarre, l’All On Four diventa una delle opzioni terapeutiche possibili, ma non di certo l’unica. Per maggiori informazioni, chiedete al vostro dentista di fiducia.

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