tossicità del fluoro usato nei bambinitossicità del fluoro usato nei bambini

Devo dare il fluoro al mio bambino?

In una parola: “No”. Il modo sicuro per usare il fluoro per i denti dei bambini è applicarlo con dentifrici ed eventualmente con gel specifici ad alta concentrazione dal vostro dentista.

Il fluoro in piccole quantità è ottimo per la saluta futura dei denti. In presenza di fluoro, infatti, esso è inglobato chimicamente dai denti in formazione. La parte minerale dei denti (e delle ossa) si chiama idrossiapatite. Se la gestante o il bambino assumono fluoro, parte degli ioni idrossile (OH¯) dell’idrossiapatite sono sostituiti da ioni fluoruro (F¯). Questa è la fluorapatite.

La presenza di una certa quota di fluorapatite, rende lo smalto intrinsecamente più stabile dal punto di vista termodinamico. La sua resistenza aumenta da tutti i punti di vista.

Quindi sicuramente il fluoro per i denti dei bambini è ottimo per quanto riguarda la salute dei denti stessi.

La tossicità del fluoro

Il fluoro, tuttavia, se somministrato in eccesso è tossico sia per i denti che per molti altri tessuti. Il problema è che il fluoro è già assorbito sia dalla gestante che dal bambino in vari modi (acqua, latte, alimenti, dentifrici e altro). L’aggiunta di fluoro anche solo nella stessa acqua potabile è considerato troppo rischioso per la salute da un numero crescente di paesi nel mondo (tra i quali Austria, Belgio, Cina, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, India, Israele, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Scozia e Svezia). In Italia l’acqua potabile contiene già tracce di fluoro e per questo motivo non è mai stata effettuata un aggiunta di tale elemento (vedi la nota dell’ISS).

L’eccesso di fluoro durante la crescita

L’esposizione a quantità eccessive di ioni fluoruro in età precoce è una possibile causa di malattia in età avanzata. Enesco e Leblond individuano tre fasi nella crescita. Nella prima la crescita degli organi è dovuta alla rapida proliferazione cellulare (iperplasia). Questo è definito periodo critico. Nella seconda fase la proliferazione cellulare continua a un ritmo più lento e la dimensione cellulare aumenta. Nella terza la proliferazione cellulare si interrompe mentre l’allargamento cellulare continua (ipertrofia).

La fase più rischiosa per l’accumulo è l’ipertrofia. Questa fase avviene in momenti diversi nei vari organi. Ad esempio, l’aumento il numero di cellule cesserà molto prima nel cervello rispetto a quello delle ghiandole salivari. Questo è il motivo per cui quando lo stress nutrizionale precoce viene applicato durante un certo periodo del periodo di crescita, alcuni organi sarebbero colpiti più di altri. L’assunzione eccessiva da parte dei piccoli di un ingrediente come il fluoro, che si trova nella maggior parte dei dentifrici e anche in altre sostanze, potrebbe provocare uno degli stress nutrizionali durante il periodo critico di crescita. Secondo l’ipotesi di Barker “ricordi” dell’organismo di esposizione precoce ad varie sostanze possono tradursi in patologia e quindi determinare la malattia in età avanzata.

Il fluoro ed il quoziente intelletivo

Somministrare il fluoro per i denti dei bambini è potenzialmente rischioso per molti organi. Il cervello in via di sviluppo è molto più suscettibile allo stress nutrizionale rispetto al cervello adulto. Il fluoro è certamente neurotossico. La barriera ematoencefalica che protegge il cervello adulto non si forma completamente fino a circa sei mesi dopo la nascita ed il fluoro attraversa in ogni caso. Studi epidemiologici suggeriscono come in alcuni paesi la fluorazione dell’acqua potabile, in aggiunta ad altre fonti di fluoro (per esempio il tè), può essere all’origine di una diminuzione del quoziente intellettivo (QI).

Il fluoro e l’autismo

La prevalenza dei disturbi dello spettro autistico è più elevata nei paesi con fluorazione delle acque e nelle aree endemiche di fluorosi. Questo, ovviamente, suggerisce che il fluoro sia un importante fattore ambientale nell’eziopatogenesi dell’autismo. Come già ricordato sopra il fluoro è neurotossico. F¯ induce disfunzione mitocondriale, stress ossidativo, infiammazione e immunotossicità. Esiste un legame tra un noto effetto di F¯ sulla sintesi di melatonina nella ghiandola pineale e la scoperta che la sintesi di melatonina è significativamente ridotta nell’autismo. Inoltre, la comprensione dei percorsi indotti dal fluoruro nell’eziopatologia dei disturbi dello spettro autistico può portare a nuovi trattamenti. Tutti questi meccanismi generati dal fluoro potrebbero evocare diverse interruzioni dello sviluppo cerebrale, alterare la neurotrasmissione e le regolazioni ormonali.

Al momento, c’è una divergenza tra la pratica sanitaria pubblica della fluorizzazione dell’acqua in alcuni paesi, che è considerata preziosa e sicura per ridurre la carie dentale, e le attuali prove scientifiche, che indicano che il fluoro è una neurotossina che disturba lo sviluppo cerebrale prenatale e postnatale, erodendo l’intelligenza e comportamento. In un recente studio canadese, l’esposizione materna a livelli più elevati di fluoruro durante la gravidanza è stata associata a punteggi di QI più bassi nei bambini di età compresa tra 3 e 4 anni.

La presenza di tracce di alluminio in forma cationica (Al3+) potenzia fortemente gli effetti neurotossici di F¯. La molecola risultante AlF4¯ può innescare i sintomi patologici dell’autismo a concentrazioni diverse volte inferiori a quelle del solo fluoruro (F¯). In sinergia con Al3+ anche una piccolissima concentrazione di fluoro potrebbe essere pericolosa per il cervello in via di sviluppo.

Per ulteriori approfondimenti sul fluoro e l’autismo seguire questo link.

Il fluoro e la ghiandola pineale.

Tapp e Huxley hanno scoperto che quantità significative di calcio sono presenti nelle ghiandole pineali dei bambini. Inoltre, il peso più elevato delle ghiandole femminili potrebbe essere in parte dovuto al loro contenuto di calcio più elevato. La ghiandola pineale è un tessuto mineralizzante e le concrezioni calcificate sono composte da idrossiapatite, che in presenza di fluoruro è sostituita da fluorapatite. La ghiandola pineale produce melatonina, un ormone correlato a impostare i ritmi e la durata del sonno. Il grado di calcificazione è stato associato a una ridotta secrezione di melatonina. Pertanto, ciò potrebbe comportare il disturbo dei ritmi circadiani e del sonno. L’immagine di copertina dimostra la calcificazione della ghiandola pineale in un adulto (Italiano) sottoposto a terapia preventiva con compresse di fluoro in età infantile.

Il fluoro e la malattie ossee.

In alcune regioni dove avviene il fluoro è ancora aggiunto all’acqua potabile, i livelli di calcitonina e osteocalcina sono alterati nei bambini fino a sei anni. La relazione tra fluoro e tumori ossei, invece, è stata proposta, ma mai dimostrata.

Il fluoro e la tiroide.

Recentemente è stata dimostrata per la prima volta una chiara relazione tra fluorosi e disturbi da carenza di iodio. L’esposizione prolungata a concentrazioni relativamente elevate di fluoro (3-6mg/giorno) eleva il TSH ed altera i livelli plasmatici di T3 e T4.

Il fluoro e le possibili origini fetali di malattie dell’adulto.

La nutrizione fetale svolge un ruolo importante per i neonati e influisce sulla salute durante l’infanzia e l’età adulta. È ben riportato negli studi epidemiologici che i bambini denutriti svilupperanno più probabilmente varie malattie in età avanzata. Ad esempio, bassi tassi di crescita prima della nascita sono legati allo sviluppo di malattie coronariche, ictus, diabete e ipertensione in età avanzata. Queste associazioni sono spiegate da un fenomeno noto come programmazione.

Secondo la letteratura medica, feti, neonati e/o bambini esposti a quantità eccessive di fluoro nei primi anni di vita potrebbero sviluppare conseguenze in età adulta. Non conosciamo, tuttavia, il meccanismo con cui il fluoro lascia impronte durature sul corpo e come possa dare origine a malattie in età avanzata.

La fluorosi dentale.

Modiche quantità di fluoro favoriscono la formazione di fluorapatite come spiegato sopra. In questo caso i tessuti dentali hanno un aspetto normale e sono più resistenti dal punto di vista termodinamico. Quantità ancora superiori causano un livello altissimo di accumulo di ioni fluoruro sui tessuti dentali fino ad alterarli fisicamente

Nella fluorosi dentale il bianco opaco dello smalto è causato da una superficie dello smalto ipomineralizzata. Nella fluorosi dentale più grave, si verifica la formazione di pori e perdita della superficie dello smalto e si sviluppa una colorazione secondaria marrone. Molti dei cambiamenti causati dal fluoro in eccesso sono correlati alle interazioni cellula/matrice/minerali durante la formazione dei denti.

Quindi, il fluoro per i denti dei bambini può diventare addittura dannoso per i denti stessi.

Applicazioni di fluoro.

L’applicazione di fluoro sui denti presso il vostro dentista non ha particolari controindicazioni e favorisce la prevenzione della carie. Questo è il modo giusto di usare il fluoro per i denti dei bambini (e anche degli adulti in alcuni casi).

Ma il fluoro (in ridotte quantità) è necessario come nutriente?

Sorprende riscontrare che F¯ non è un nutriente essenziale in quanto non è possibile definire alcuna funzione fisiologica per la quale è richiesto. E questo dovrebbe farci riflettere molto bene.


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covid e denticovid e denti

Che c’entrano i denti con il Covid?

Immaginare gli organi come entità separate fa comodo. Aiuta a semplificare. Questo è molto utile in alcuni ambiti, specie didattici. Ma la realtà è ben diversa. Gli organi del corpo umano sono, anche se in distretti diversi e distanti, interconnessi da molteplici punti di vista (circolatorio, nervoso, linfatico, endocrino, batteriologico, posturale e così via). Quindi, è ovvio che alcune condizioni patologiche (se non tutte) sono collegate. Questo è confermato già da un’ampia letteratura scientifica. Anche per il Covid-19 e i denti vale la stessa regola.

È interessante, anche per la sua qualità narrativa, oltre che per l’autorevole pubblicazione su Nature, l’editoriale di Tiên Nguyễn intitolato Investigating the mouth–COVID connection

L’articolo evidenzia come gli studi hanno iniziato a collegare il COVID-19 grave a reazioni immunitarie chiamate tempeste di citochine – rilasci eccessivi di molecole infiammatorie da parte del sistema immunitario – che si verificano anche nelle persone con malattie gengivali.

La parodontite ed il COVID-19

Un’altro meccanismo patologico che lega coronavirus e denti è l’infiammazione creata dai batteri che attaccano le gengive e l’osso intorno ai denti. La malattia parodontale (vedi il post su le tasche gengivali) si verifica con l’accumulo di batteri e tossine sulle superfici radicolari dei denti. È la risposta infiammatoria mediata dalla citochine che distrugge il tessuto gengivale adiacente. Il meccanismo patologico è identico a quello della malattia da Sars-Cov-2.

La malattia gengivale è collegata anche ad una serie lunghissima di altre condizioni infiammatorie. Citiamo, tra queste, malattie cardiache, broncopneumopatia cronica ostruttiva e artrite.

La scoperta potrebbe avere importanti implicazioni per i consigli di salute pubblica. Fattori di rischio come il diabete e l’ipertensione richiedono farmaci e cambiamenti nello stile di vita. Le malattie gengivali meno gravi, al contrario, possono essere gestite anche solo con filo interdentale e uno spazzolino da denti.

L’analisi delle malattia parodontale come fattore di rischio per la malattia da COVID-19 evidenzia senza ombra di dubbio un forte correlazione. Chi soffre di questa condizione 3,5 volte più probabilità di essere ricoverato in un’unità di terapia intensiva, 4,5 volte più probabilità di essere sottoposto a ventilazione e 8,8 volte più probabilità di morire rispetto alla popolazione generale.

Inoltre, i campioni di sangue di persone con COVID-19 per diversi biomarcatori noti di infiammazione e ha osservato livelli significativamente più elevati di infiammazione in quelli con malattie gengivali.

Ma trovare una correlazione è solo il primo passo per capire come la salute orale influisca sul COVID-19
Ad esempio, dice, gli scienziati hanno studiato per decenni l’associazione tra parodontite e malattie cardiache e non conoscono ancora il preciso meccanismo di collegamento tra le due condizioni croniche.

Il virus in bocca

Il Covid-19 attacca anche in modo diretto i denti ed i tessuti orali.

Essendo la più grande apertura al corpo, la cavità orale è ben attrezzata con varie difese immunitarie per gestire i patogeni. Tuttavia, i ricercatori hanno visto nei set di dati di sequenziamento dell’RNA che le cellule nella bocca esprimono le proteine ​​ACE2 e TMPRSS2, entrambe necessarie a SARS-CoV-2 per entrare e infettare le cellule ospiti.

Nelle persone con infezioni acute da COVID-19, nonché nelle autopsie di persone morte con la malattia. I ricercatori hanno confermato la presenza delle due proteine ​​di ingresso, nonché delle cellule infette da SARS-CoV-2 nelle ghiandole salivari e nella membrana mucosa che riveste la bocca, in oltre la metà dei pazienti. Sorprendentemente, esistono alti livelli di replicazione virale in alcune cellule delle ghiandole salivari.

Trasmissione dalla bocca

Le prove che dimostrano che la bocca ospita SARS-CoV-2 sono solide e data la presenza del virus in bocca, è possibile che le strategie per abbassare la carica virale in bocca possano ridurre la trasmissione virale.

Il collutorio, in uno studio randomizzato e controllato su circa 200 persone, i ricercatori hanno valutato l’efficacia di quattro diverse soluzioni di collutorio. Hanno scoperto che dopo 15 minuti, tutti e quattro i collutori hanno ridotto la carica virale nei campioni di saliva dei partecipanti fino all’89% e poi fino al 97% dopo 45 minuti.

Gli autori suggeriscono che il collutorio potrebbe aiutare a sopprimere il contagio e ridurre il rischio di trasmissione di SARS-CoV-2 durante gli esami dentistici. Anche se è una pratica relativamente semplice, dice Kumar, solo il 12% circa dei dentisti americani somministra colluttori pre-procedurali.

Anche il semplice collutorio, quindi, è un’arma che indebolisce il legam tra Covid-19 e i denti.

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ortopanoramica opt 90 anni mantenimento 32 dentiortopanoramica opt 90 anni mantenimento 32 denti

A che età perderò i miei denti?

A che età perderò i miei denti? Quanto durano i denti naturali? Esiste un’età oltre la quale è necessario sostituirli? Quanto influiscono la terapia di mantenimento e la prevenzione sulla conservazione della nostra dentatura?

La migliore risposta si trova nell’immagine di copertina.

Si tratta di una recente radiografia ortopanoramica di un nostro caro paziente classe 1932.

Il signore è in cura da oltre quarant’anni. Nel corso di questi lunghi anni ha sofferto di svariate malattie dentali. Nel tempo ha sofferto di carie e malattie gengivali. Eppure egli conserva tutti i suoi denti (32 denti). Addirittura ha ancora i denti del giudizio.

Quali sono i segreti della meravigliosa longevità della dentatura di questo signore?

Fondamentalmente sono 3:

  1. Igiene orale domiciliare scrupolosa e costante nel tempo.
  2. Controlli regolari clinici e radiografici con segnalazione tempestiva di eventuali sintomi.
  3. E soprattutto sedute di igiene e levigatura professionale ad intervalli regolari e mai (ripeto mai) rinviate.

Ecco a voi, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la dimostrazione sul campo dell’importanza della prevenzione e della regolarità della terapia di mantenimento con igiene e levigatura professionale.

Un’ultima considerazione si rende necessaria. Questa persona ha una salute generale perfetta ed invidiabile. Una coincidenza?

Per noi è più probabile che sia una concomitanza, in considerazione della grande influenza della salute orale sulla salute generale. Vedi il nostro precedente articolo sull’argomento.

Quindi la risposta alla domanda iniziale “A che età perderò i miei denti?” è complessa e dipende da tanti fattori. Sicuramente ci sono tanti fattori, sia individuali che ambientali che possono far ammalare i denti ed i tessuti circostanti, soprattutto.

Ciò che possiamo affermare con certezza è che

la base è la prevenzione.

Senza un’adeguata prevenzione che si basa su controlli periodici clinici e radiografici e su sedute di igiene/levigatura ad intervalli regolari è probabile che la risposta alla domanda “A che età perderò i miei denti?” sia meno entusiasmante rispetto all’esperienza del nostro caro paziente.

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ortopanoramica ti salva la vitaortopanoramica ti salva la vita

Può un’ortopanoramica salvarti la vita?

La radiografia ortopanoramica (o semplicemente panoramica) è l’esame radiografico di base per la diagnosi del medico dentista. Su questa radiografia si vedono tutti i denti, le arcate mascellari, le fosse nasali ed i seni paranasali. Tuttavia, per sua natura, questa radiografia ci fa vedere anche una parte delle altre strutture della testa e del collo che si trovano alla stessa altezza dei mascellari. Ed è dall’analisi attenta di queste strutture che nasce la frase “Può un’ortopanoramica salvarti la vita?”.

Cosa si vede sull’ortopanoramica?

Si possono vedere immagini di patologie serie o meno serie. Spesso una diagnosi tempestiva fa la differenza. Per esempio, nell’immagine di copertina (un’ortopanoramica di routine eseguita su un nostro paziente) abbiamo intercettato un occlusione della carotide interna, evidenziata dalla freccia.

Abbiamo confermato la diagnosi con l’immagine che segue, una Tomografia CBCT, ed inviato tempestivamente il paziente allo specialista per le cure del caso.

puo-unortopanoramica-salvarti-la-vitaAteroma della carotide interna su CBCT

Ora il paziente sta bene, grazie alla diagnosi tempestiva di un reperto casuale.

Quindi tornando al titolo di questo articolo “Può un’ortopanoramica salvarti la vita?”, è evidente che la risposta non può che essere affermativa.

È preciso dovere del medico dentista (e anche del medico radiologo) segnalare anche le immagini sospette di origine non-dentale presenti sull’ortopanoramica, e rimandare allo specialista del caso qualora necessario.

A volte i reperti sono molto meno preoccupanti ma vanno sempre indagati a fondo e sottoposti alle cure necessarie onde evitare problemi.

Nel caso seguente abbiamo trovato una calcolosi asintomatica della ghiandola salivare sottomandibolare:

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Calcolosi ghiandola salivare sottomandibolare.

Nella radiografia che segue abbiamo trovato, invece, una enorme cisti (follicolare o dentigera) a carico del dente del giudizio inferiore sinistro. Il paziente non aveva nessun disturbo, ma la mandibola era a rischio di frattura ed è stato programmato un intervento per la rimozione della cisti con una certa urgenza.

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Cisti follicolare con rischio di frattura mandibolare.

 

 

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mercurio dal dentistamercurio dal dentista

Conoscete il mercurio? Che c’entra il mercurio con il medico dentista?

Nel 2009, alla 25esima riunione del Consiglio d’amministrazione del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) nasce l’intenzione di eliminare il più possibile il mercurio per la sua tossicità sull’uomo e sull’ambiente. L’UNEP è un’organizzazione internazionale, con sedi nei cinque continenti, che segue con molta attenzione questa vicenda e raccoglie i dati più aggiornati sulla situazione ambientale nel mondo, inclusa la situazione delle acque, dell’aria e dei terreni.

L’UNEP segue da vicino la vicenda del Mercurio in tutte le sue applicazioni, con particolare attenzione per l’amalgama dentale.

Ebbene si! Le vostre otturazioni di piombo contengono mercurio!

Il passo fondamentale fu la redazione del testo delle cosiddetta “Convenzione di Minamata”, dal nome della città Giapponese resa tristemente famosa dalla contaminazione appunto da mercurio. La Convenzione di Minamata è stata redatta da una commissione di negoziazione intergovernativa a Ginevra nel Gennaio del 2013 e ratificata successivamente durante l’apposita conferenza diplomatica di Kumamoto (Giappone) dell’ottobre 2013.

La convenzione è in vigore da agosto 2017 ed è attualmente ratificata da 125 nazioni.

Nel testo originale la Convenzione chiede la limitazione dell’uso dell’Amalgama alle sole forme incapsulate e la limitazione nell’uso dei pazienti ai soli casi nei quali si rende indispensabile secondo il medico. L’uso è comunque vietato nei bambini e nelle donne in stato di gravidanza. La convenzione incoraggia l’uso e lo sviluppo di materiali alternativi. La convenzione chiede inoltre regole ferree per lo smaltimento e la manipolazione, per la sicurezza di pazienti ed operatori.

Tutto ciò si ritrova nel regolamento (UE) 2017/852 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 maggio 2017. Le norme giungono in Italia attraverso la legge del 4 ottobre 2019, n. 117 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee).

A questo punto, il 10 Dicembre scorso, il comunicato stampa del Consiglio dei Ministri rende pubblici i punti sostanziali della nuova legge che presto entrerà in vigore attraverso il  meccanismo del Decreto Legislativo, come previsto dalla Legge Delega (cioè senza passaggi parlamentari, poiché trattasi di problematiche sostanzialmente tecniche).

Sul comunicato stampa leggiamo sanzioni elevate per chi non si adegua alle nuove norme.

È prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro per gli odontoiatri che utilizzano amalgama dentale in violazione del regolamento Europeo,

una sanzione da 4.000 a 20.000 euro per quelli che non assicurano che la gestione e la raccolta dei loro rifiuti di amalgama e la chiusura temporanea dell’attività, per quelli che utilizzano l’amalgama dentale o rimuovono otturazioni contenenti amalgama dentale in violazione delle norme, fino all’installazione di idonei separatori di amalgama.

Diventa quindi fondamentale seguire queste norme e dotarsi di separatori di amalgama su almeno un riunito se si vuole ancora utilizzare o rimuovere. In alternativa occorre dotarsi dei moderni aspiratori con separatore incorporato.

L’amalgama (nella forma ovviamente incapsulata) può essere ancora utilizzata secondo le norma Europee, su un gruppo più ristretto di pazienti.

Non bisogna dimenticare, tuttavia, che l”UNEP sta già introducendo ulteriori restrizioni, come deciso nella conferenza dei partecipanti alla Convenzione di Minamata tenutasi a Ginevra nel Novembre del 2019.

Inoltre, è una ferma convinzione della Commissione Europea che l’amalgama dentale debba essere totalmente eliminata entro il 2030.

L’amalgama in odontoiatria, almeno nei paesi più sviluppati, presto sparirà.

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espansione ossea ere impiantiespansione ossea ere impianti

Ti hanno detto che non hai osso per inserire impianti. Ne sei certo?

Gli impianti dentali si inseriscono nell’osso mascellare e nel corso dei mesi successivi si integrano all’osso stesso per poter poi ancorare dei denti fissi.

La procedura standard per inserire impianti nell’osso mascellare prevede che l’impianto sia inserito dopo aver praticato un foro della dimensione adeguata nell’osso.

Ma cosa succede se la dimensione dell’osso non è sufficiente per inserire l’impianto?

Esistono diverse procedure che permettono di aumentare la dimensione dell’osso prima o durante l’inserzione dell’impianto. Il sistema più frequentemente utilizzato prevede un innesto di osso dello stesso paziente spesso miscelato con matrice ossea sterile bovina o suina stabilizzato con delle piccole viti in titanio e/o con le cosiddette “membrane”. Il prelievo si effettua sull’angolo della mandibola, sul mento o in altre zone del corpo (per esempio la teca cranica). Il periodo di integrazione dell’innesto ovviamente allunga di molto i tempi di guarigione.

È sempre necessaria una procedura di questo genere?

Noi riteniamo di no. Esistono delle tecniche che prevedono l’allargamento dell’osso esistente contemporaneamente all’inserzione dell’impianto. Queste tecniche sono genericamente dette “split-crest”. Negli anni ’90, i dottori Gianni Bruschi ed Agostino Scipioni misero a punto una variante molto speciale di questa tecnica conosciuta con l’acronimo E.R.E. (Edentulous Ridge Expansion). L’effetto fu dirompente nel mondo dentale ed accademico. La split-crest divenne  più agevolmente applicabile ad un numero maggiore di casi e fu inquadrata in modo preciso sia in termini di indicazioni che come procedura. I dottori Bruschi & Scipioni insegnarono la tecnica in tutto il mondo, contrastando anche il mondo accademico che era restio ad accettare una soluzione relativamente semplice per un problema complesso.

Perché la tecnica E.R.E. è relativamente semplice rispetto agli innesti?

L’inserimento di un impianto con la tecnica E.R.E. nella maggioranza dei casi non richiede più tempo rispetto alla tecnica tradizionale. Il tempo di guarigione è analogo ed il post-operatorio è del tutto sovrapponibile. Inoltre, non è necessario un prelievo di osso donatore, ma si usa solo l’osso nativo della zona di inserzione.

Ma è sicura la tecnica E.R.E.?

Assolutamente si. La tecnica E.R.E. è stata valutata efficace e sicura in numerosi studi peer-reviewed pubblicati su importanti riviste internazionali.

La tecnica E.R.E. è la cugina della tecnica L.M.S.F. (Localized Management of Sinus Floor) per l’aumento di osso verticale nei settori posteriori dell’arcata superiore.

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