L’impronta digitale è un’evoluzione importante per la clinica odontoiatrica moderna. È solo una delle tante, importanti evoluzioni tecnologiche che investono il settore.
Oggi, a oltre 100 anni dalla creazione dei primi congegni per la trasmissione dei dati, ci troviamo sulla soglia di una gigantesca rivoluzione nelle comunicazioni. Le tecnologie combinate del telefono, dell’elaboratore e della televisione si sono fuse in un sistema integrato d’informazioni e comunicazioni che trasmette dati e permette interazioni istantanee fra persone e computer.
Nello stesso saggio si legge che …ogni giorno vengono scritti fra 6000 e 7000 articoli di argomento scientifico e che le informazioni scientifiche e tecniche aumentano attualmente del 13% l’anno, il che significa che raddoppiano ogni 5,5 anni…
La risposta quindi è ovvia: NO.
Lo Scanner Intraorale (IOS, IntraOral Scanner) sostituisce egregiamente nella maggior parte delle applicazioni le impronte tradizionali, riducendo ansia e fastidi. Quindi l’impronta digitale dal dentista senza pasta in bocca è possibile.
Per cosa si usa l’impronta digitale dal dentista?
Trova applicazione negli stessi ambiti dell’impronta tradizionale, per esempio in protesi fissa, e in ortodonzia. E in questi ambiti, ovviamente, aumenta di molto il comfort per il paziente durante le procedure.
L’obiezione relativa alla presunta ridotta precisione di questi sistemi è, poi, del tutto infondata. Probabilmente è un retaggio di tempi passati. Gli studi moderni dimostrano la precisione dell’impronta digitale.
La risposta breve è semplicemente 32, se includiamo i famigerati denti del giudizio.
Tuttavia, non è così semplice.
Innanzitutto è necessario distinguere dentatura e dentizione.
Il processo biologico che porta alla crescita degli elementi dentali fino alla loro completa eruzione e definitivo arresto della crescita si definisce dentizione. Al contrario, dentatura è un termine che ha una connotazione statica e si riferisce al numero totale dei denti decidui o permanenti (secondo la Treccani, “la serie e la disposizione dei denti…”)
La dentizione decidua o di latte
Nei bambini, a partire mediamente dal sesto mese, inizia l’eruzione della cosiddetta dentizione decidua o di latte. Il termine corretto è proprio di latte e non, piuttosto, il da latte che è di uso comune.
“Di Latte” non solo perché dei lattanti ma anche per il colore estremamente chiaro rispetto ai denti permanenti
La dentizione inizia con l’eruzione degli incisivi centrali inferiori e poi continua con un andamento detto a fontanella (incisivi centrali superiori, laterali superiori e poi di nuovo giù con il laterali inferiori). La dentatura di latte è completa al secondo anno di età e conta 20 elementi in totale: 4 incisivi superiori, 4 incisivi superiori, 2 canini superiori, 2 canini superiori, 4 molari superiori e 4 molari inferiori.
Per la matematica dentale si usa la cosiddetta formula dentaria, con abbreviazioni piuttosto intuitive e universali. La formula dentaria dei denti di latte è la seguente: I 2/2 C1/1 M2/2 = 10 x due arcate = 20.
La dentizione permanente (dell’adulto)
A partire mediamente dal sesto anno di età inizia l’eruzione della dentizione permanente o dell’adulto, Il primo dente permanente che spunta non è l’incisivo centrale inferiore (che va a sostituire il dente di latte corrispondente) ma il primo molare permanente, che non sostituisce nessun dente ed erompe dietro l’ultimo dente di latte.
Spesso questo dente permanente passa inosservato e per incuria si ammala prima che il bambino o i genitori si accorgano che è spuntato.
È necessario che questo dente sia controllato dal vostro dentista di fiducia subito dopo l’eruzione per evitare che possa sviluppare una carie ed eventualmente per chiudere i solchi anatomici quando sono eccessivamente profondi allo scopo di ridurre il rischio di carie.
La dentizione permanente consiste di 32 elementi e termina con l’eruzione e la successiva maturazione radicolare del dente del giudizio. Spesso, queste ultime fasi non avvengono nel modo corretto per mancanza di spazio in arcata e in seguito a questo fenomeno si verificano diverse patologie legate proprio alla presenza del dente del giudizio in una posizione non fisiologica.
Formula dentaria di un’arcata della dentatura permanente
Rispetto alla dentatura di latte, la dentatura permanente fisiologica ha 12 elementi in più. I premolari sostituiscono come posizione i molari decidui, e i molari permanenti sono appunto 12. La formula dentaria di un’arcata ce la spiega il Prof. Einstein nella vignetta. La formula totale è la seguente: I 2/2 C1/1 P2/2 M3/3 = 16 x due arcate = 32.
Le fasi intermedie della crescita (quanti denti abbiamo nelle varie fasi della vita?)
Esiste ovviamente anche un periodo in cui la dentatura di latte e la dentatura decidua coesistono. Questo si verifica generalmente dal sesto al dodicesimo anno. Questa fase prende il nome di dentizione mista.
A che età perderò i miei denti? Quanto durano i denti naturali? Esiste un’età oltre la quale è necessario sostituirli? Quanto influiscono la terapia di mantenimento e la prevenzione sulla conservazione della nostra dentatura?
La migliore risposta si trova nell’immagine di copertina.
Si tratta di una recente radiografia ortopanoramica di un nostro caro paziente classe 1932.
Il signore è in cura da oltre quarant’anni. Nel corso di questi lunghi anni ha sofferto di svariate malattie dentali. Nel tempo ha sofferto di carie e malattie gengivali. Eppure egli conserva tutti i suoi denti (32 denti). Addirittura ha ancora i denti del giudizio.
Quali sono i segreti della meravigliosa longevità della dentatura di questo signore?
Fondamentalmente sono 3:
Igiene orale domiciliare scrupolosa e costante nel tempo.
Controlli regolari clinici e radiografici con segnalazione tempestiva di eventuali sintomi.
E soprattutto sedute di igiene e levigatura professionale ad intervalli regolari e mai (ripeto mai) rinviate.
Ecco a voi, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la dimostrazione sul campo dell’importanza della prevenzione e della regolarità della terapia di mantenimento con igiene e levigatura professionale.
Un’ultima considerazione si rende necessaria. Questa persona ha una salute generale perfetta ed invidiabile. Una coincidenza?
Per noi è più probabile che sia una concomitanza, in considerazione della grande influenza della salute orale sulla salute generale. Vedi il nostro precedente articolo sull’argomento.
Quindi la risposta alla domanda iniziale “A che età perderò i miei denti?” è complessa e dipende da tanti fattori. Sicuramente ci sono tanti fattori, sia individuali che ambientali che possono far ammalare i denti ed i tessuti circostanti, soprattutto.
Ciò che possiamo affermare con certezza è che
la base è la prevenzione.
Senza un’adeguata prevenzione che si basa su controlli periodici clinici e radiografici e su sedute di igiene/levigatura ad intervalli regolari è probabile che la risposta alla domanda “A che età perderò i miei denti?” sia meno entusiasmante rispetto all’esperienza del nostro caro paziente.
La radiografia ortopanoramica (o semplicemente panoramica) è l’esame radiografico di base per la diagnosi del medico dentista. Su questa radiografia si vedono tutti i denti, le arcate mascellari, le fosse nasali ed i seni paranasali. Tuttavia, per sua natura, questa radiografia ci fa vedere anche una parte delle altre strutture della testa e del collo che si trovano alla stessa altezza dei mascellari. Ed è dall’analisi attenta di queste strutture che nasce la frase “Può un’ortopanoramica salvarti la vita?”.
Cosa si vede sull’ortopanoramica?
Si possono vedere immagini di patologie serie o meno serie. Spesso una diagnosi tempestiva fa la differenza. Per esempio, nell’immagine di copertina (un’ortopanoramica di routine eseguita su un nostro paziente) abbiamo intercettato un occlusione della carotide interna, evidenziata dalla freccia.
Abbiamo confermato la diagnosi con l’immagine che segue, una Tomografia CBCT, ed inviato tempestivamente il paziente allo specialista per le cure del caso.
Ateroma della carotide interna su CBCT
Ora il paziente sta bene, grazie alla diagnosi tempestiva di un reperto casuale.
Quindi tornando al titolo di questo articolo “Può un’ortopanoramica salvarti la vita?”, è evidente che la risposta non può che essere affermativa.
È preciso dovere del medico dentista (e anche del medico radiologo) segnalare anche le immagini sospette di origine non-dentale presenti sull’ortopanoramica, e rimandare allo specialista del caso qualora necessario.
A volte i reperti sono molto meno preoccupanti ma vanno sempre indagati a fondo e sottoposti alle cure necessarie onde evitare problemi.
Nel caso seguente abbiamo trovato una calcolosi asintomatica della ghiandola salivare sottomandibolare:
Calcolosi ghiandola salivare sottomandibolare.
Nella radiografia che segue abbiamo trovato, invece, una enorme cisti (follicolare o dentigera) a carico del dente del giudizio inferiore sinistro. Il paziente non aveva nessun disturbo, ma la mandibola era a rischio di frattura ed è stato programmato un intervento per la rimozione della cisti con una certa urgenza.
Cisti follicolare con rischio di frattura mandibolare.
Nel 2009, alla 25esima riunione del Consiglio d’amministrazione del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) nasce l’intenzione di eliminare il più possibile il mercurio per la sua tossicità sull’uomo e sull’ambiente. L’UNEP è un’organizzazione internazionale, con sedi nei cinque continenti, che segue con molta attenzione questa vicenda e raccoglie i dati più aggiornati sulla situazione ambientale nel mondo, inclusa la situazione delle acque, dell’aria e dei terreni.
L’UNEP segue da vicino la vicenda del Mercurio in tutte le sue applicazioni, con particolare attenzione per l’amalgama dentale.
Ebbene si! Le vostre otturazioni di piombo contengono mercurio!
Il passo fondamentale fu la redazione del testo delle cosiddetta “Convenzione di Minamata”, dal nome della città Giapponese resa tristemente famosa dalla contaminazione appunto da mercurio. La Convenzione di Minamata è stata redatta da una commissione di negoziazione intergovernativa a Ginevra nel Gennaio del 2013 e ratificata successivamente durante l’apposita conferenza diplomatica di Kumamoto (Giappone) dell’ottobre 2013.
Nel testo originale la Convenzione chiede la limitazione dell’uso dell’Amalgama alle sole forme incapsulate e la limitazione nell’uso dei pazienti ai soli casi nei quali si rende indispensabile secondo il medico. L’uso è comunque vietato nei bambini e nelle donne in stato di gravidanza. La convenzione incoraggia l’uso e lo sviluppo di materiali alternativi. La convenzione chiede inoltre regole ferree per lo smaltimento e la manipolazione, per la sicurezza di pazienti ed operatori.
A questo punto, il 10 Dicembre scorso, il comunicato stampa del Consiglio dei Ministri rende pubblici i punti sostanziali della nuova legge che presto entrerà in vigore attraverso ilmeccanismo del Decreto Legislativo, come previsto dalla Legge Delega (cioè senza passaggi parlamentari, poiché trattasi di problematiche sostanzialmente tecniche).
Sul comunicato stampa leggiamo sanzioni elevate per chi non si adegua alle nuove norme.
È prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro per gli odontoiatri che utilizzano amalgama dentale in violazione del regolamento Europeo,
una sanzione da 4.000 a 20.000 euro per quelli che non assicurano che la gestione e la raccolta dei loro rifiuti di amalgama e la chiusura temporanea dell’attività, per quelli che utilizzano l’amalgama dentale o rimuovono otturazioni contenenti amalgama dentale in violazione delle norme, fino all’installazione di idonei separatori di amalgama.
Diventa quindi fondamentale seguire queste norme e dotarsi di separatori di amalgama su almeno un riunito se si vuole ancora utilizzare o rimuovere. In alternativa occorre dotarsi dei moderni aspiratori con separatore incorporato.
L’amalgama (nella forma ovviamente incapsulata) può essere ancora utilizzata secondo le norma Europee, su un gruppo più ristretto di pazienti.
Non bisogna dimenticare, tuttavia, che l”UNEP sta già introducendo ulteriori restrizioni, come deciso nella conferenza dei partecipanti alla Convenzione di Minamata tenutasi a Ginevra nel Novembre del 2019.
Inoltre, è una ferma convinzione della Commissione Europea che l’amalgama dentale debba essere totalmente eliminata entro il 2030.
L’amalgama in odontoiatria, almeno nei paesi più sviluppati, presto sparirà.
Gli impianti dentali si inseriscono nell’osso mascellare e nel corso dei mesi successivi si integrano all’osso stesso per poter poi ancorare dei denti fissi.
La procedura standard per inserire impianti nell’osso mascellare prevede che l’impianto sia inserito dopo aver praticato un foro della dimensione adeguata nell’osso.
Ma cosa succede se la dimensione dell’osso non è sufficiente per inserire l’impianto?
Esistono diverse procedure che permettono di aumentare la dimensione dell’osso prima o durante l’inserzione dell’impianto. Il sistema più frequentemente utilizzato prevede un innesto di osso dello stesso paziente spesso miscelato con matrice ossea sterile bovina o suina stabilizzato con delle piccole viti in titanio e/o con le cosiddette “membrane”. Il prelievo si effettua sull’angolo della mandibola, sul mento o in altre zone del corpo (per esempio la teca cranica). Il periodo di integrazione dell’innesto ovviamente allunga di molto i tempi di guarigione.
È sempre necessaria una procedura di questo genere?
Noi riteniamo di no. Esistono delle tecniche che prevedono l’allargamento dell’osso esistente contemporaneamente all’inserzione dell’impianto. Queste tecniche sono genericamente dette “split-crest”. Negli anni ’90, i dottori Gianni Bruschi ed Agostino Scipioni misero a punto una variante molto speciale di questa tecnica conosciuta con l’acronimo E.R.E. (Edentulous Ridge Expansion). L’effetto fu dirompente nel mondo dentale ed accademico. La split-crest divenne più agevolmente applicabile ad un numero maggiore di casi e fu inquadrata in modo preciso sia in termini di indicazioni che come procedura. I dottori Bruschi & Scipioni insegnarono la tecnica in tutto il mondo, contrastando anche il mondo accademico che era restio ad accettare una soluzione relativamente semplice per un problema complesso.
Perché la tecnica E.R.E. è relativamente semplice rispetto agli innesti?
L’inserimento di un impianto con la tecnica E.R.E. nella maggioranza dei casi non richiede più tempo rispetto alla tecnica tradizionale. Il tempo di guarigione è analogo ed il post-operatorio è del tutto sovrapponibile. Inoltre, non è necessario un prelievo di osso donatore, ma si usa solo l’osso nativo della zona di inserzione.
Le malattie infettive croniche parodontali (delle gengive, dell’osso e delle radici dentali in genere) sono perlopiù asintomatiche o paucisintomatiche (poco sintomatiche) e spesso rappresentano una scoperta occasionale nel corso di visite approfondite o esami radiografici regionali. Esse sono molto frequenti nella popolazione e rappresentano infatti (secondo l’OMS) la più frequente patologia cronica nella popolazione adulta mondiale (circa il 50% della popolazione).
Queste infezioni nascono dalla proliferazione incontrollata (dovuta alla scarsa igiene orale e pregressi trattamenti non andati a buon fine) di diverse specie batteriche anaerobiche gram-negative.
Queste specie batteriche patogene e anche i loro prodotti di degradazione, costituiscono insieme il cosiddetto biofilm. Il biofilm aggredisce i denti ed i tessuti orali e, in modo molto più insidioso, è in grado di aggredire l’organismo umano nel suo insieme, anche in assenza di sintomatologia locale o generale, attraverso la stimolazione della produzione delle citochine che instaurano un processo infiammatorio generale che contribuisce a scatenare malattie gravi in altri organi.
Questo studio fu realizzato negli anni ’90 dai Dottori Gianni Bruschi, Agostino Scipioni, Gaetano Calesini ed Ernesto Bruschi e pubblicato nel 1998 sulla famosa rivista di impatto mondiale The International Journal of Oral and Maxillofacial Implants, e dimostrò a tutto il mondo scientifico odontoiatrico che
non era affatto necessario ricorrere a procedure invasive per l’inserimento di impianti in molti casi di mancanza di osso nell’arcata superiore.
Esistevano tecniche simili, ma solo per atrofie osseo moderate. Questa tecnica è diversa e permette di trattare la maggioranza dei casi atrofici in un’unica seduta e senza innesti di alcun genere. Ancora oggi rappresenta un’enorme novità. E oggi esistono anche strumenti più rapidi ed efficaci per realizzarla in sicurezza.
Localized Management of Sinus Floor with Simultaneous Implant Placement
Alcune tecniche chirurgiche (per esempio All On Four) prevedono di ovviare alla mancanza di osso con l’inserzione di impianti inclinati. Ma che differenze esistono poi nel risultato finale?
In collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Dott.ssa Laura Papetti, abbiamo realizzato uno studio clinico e radiografico per misurare le differenze di osseointegrazione tra impianti diritti e inclinati (tiltati). Li differenze non sono enormi, ma gli impianti inseriti in asse sono leggermente in vantaggio rispetto a quelli inclinati.
Comparison of Marginal Bone Loss Around Axial and Tilted Implants: A Retrospective CBCT Analysis of Up to 24 Months
Sommario in Italiano (Abstract):Questo studio clinico ha analizzato retrospettivamente le immagini della tomografia computerizzata cone beam (CBCT) per determinare la potenziale influenza dell’inclinazione dell’impianto sulla perdita di osso marginale perimplantare dopo 18-24 mesi di carico funzionale. Venticinque pazienti consecutivi che presentavano mascella o mandibola edentula o parzialmente edentula e un volume osseo adeguato per ricevere impianti orali sono stati selezionati per l’analisi della perdita di osso marginale intorno agli impianti inclinati e / o assiali. La popolazione dello studio includeva pazienti riabilitati con Toronto bridge (TB), protesi parziali fisse (FPD) o corone singole (SC) su impianti assiali e / o inclinati. L’outcome primario era l’analisi CBCT del cambiamento del livello osseo marginale perimplantare, a seconda dell’inclinazione degli impianti e del tipo di protesi. L’outcome secondario era l’analisi delle percentuali di sopravvivenza e di successo degli impianti inclinati e assiali. È stata osservata una differenza significativa per la perdita ossea vestibolare perimplantare (media degli assiali 0,42 ± 0,06; media dell’inclinazione di 0,70 ± 0,09) (P = 0,009). La differenza nella perdita ossea linguale / palatale / mesiale / distale perimplantare non era significativa tra impianti assiali e inclinati (P> .05). Nessuna differenza significativa è stata osservata tra il livello dell’osso marginale e il tipo di protesi per impianti sia inclinati che assiali in tutti i siti valutati (P> .05). La percentuale di successo per gli impianti sia inclinati che assiali è stata del 100% e non sono state osservate complicazioni per tutte le riabilitazioni protesiche, con un tasso di sopravvivenza del 100%. Rispetto agli impianti assiali, gli impianti inclinati hanno mostrato una differenza statistica significativa per la perdita di osso vestibolare perimplantare, ma non sono state osservate altre differenze per la perdita ossea perimplantare o per la sopravvivenza dell’impianto e la percentuale di successo. La riabilitazione fissa parziale o totale con impianti inclinati o assiali, o con impianti inclinati e assiali, potrebbe essere una tecnica affidabile con vantaggi per pazienti e operatori.
Al controllo odontoiatrico di routine ti hanno trovato una tasca parodontale infetta (acuta) e tu non sai cosa significa? Niente panico! E’ un problema piuttosto comune che può essere risolto con le opportune terapie. Vediamo come:
La tasca parodontale infetta, o tasca gengivale, è dovuta all’approfondimento del solco gengivale: quello spazio virtuale, stretto e poco profondo, situato ai lati del dente e delimitato da un lato dalla superficie dentale e dall’altro dall’epitelio (detto sulculare) della gengiva. Normalmente il solco è profondo da uno a tre millimetri, ma in presenza di malattia parodontale può raggiungere quattro e più millimetri. Un dentista effettua una diagnosi accurata grazie al sondaggio parodontale, utilizzando una speciale sonda millimetrata con la quale misura la profondità del solco gengivale.
Le cause della tasca gengivale
La prima causa di una tasca parodontale infetta (acuta) è la proliferazione di placca batterica, non rimossa regolarmente con le manovre d’igiene. E questo è dimostrato dalla letteratura scientifica.
Esistono, inoltre, altri co-fattori:
il fumo
stress e tensioni che abbassano le difese immunitarie
terapie farmacologiche a base di antidepressivi, contraccettivi, farmaci antipertensivi e cortisonici;
sbalzi ormonali dovuti a menopausa, la gravidanza e la pubertà;
diabete.
bruxismo e trauma occlusale
In assenza di cure adeguate il progredire della malattia può portare alla perdita di denti anche se sani.
Come riconoscere problemi parodontali? I sintomi
Campanelli d’allarme per problemi parodontali:
presenza di spazi tra i denti (triangoli neri)/ denti allungati
alitosi
denti che si muovono
gengive sanguinanti o gonfie/ sangue sullo spazzolino
Questi sintomi non sono immediatamente visibili ma possono comparire solo in uno stato avanzato della malattia. Ti consigliamo quindi di sottoporti a visite periodiche presso il tuo dentista di fiducia, meglio se esperto in cure parodontali, per monitorare e salvaguardare la salute del tuo cavo orale.
Come si cura la tasca parodontale infetta? E’ doloroso?
Nel caso in cui la malattia non sia particolarmente avanzata, il tuo dentista o l’igienista dentale – sempre su indicazione del dentista – ti proporrà un trattamento d’igiene professionale profonda denominato levigatura radicolare. Se invece la patologia è in stato avanzato, bisogna ricorrere a interventi più complessi.
Il nostro studio dispone di cure parodontali all’avanguardia grazie a tecniche chirurgiche rigenerative innovative. Queste consentono interventi meno invasivi dei tradizionali, tempi d’intervento ridotti e decorso post-operatorio più breve. Le cure parodontali di DrBruschi ti consentiranno di combattere l’infiammazione dei tessuti a sostegno dei denti, senza paura né dolore.
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